
"Preferisco, mio signore,/fallire agendo da onesto che vincere da vile", potenti ancora risuonano le parole di Sofocle nella nitida traduzione del poeta Enrico Testa di La solitudine di Filottete approntata, con accorato commento, per la collana "La voce degli antichi" pubblicata dal Mulino. A parlare è Neottolemo, figlio di Achille, contrapponendosi a Odisseo che lo insiga affinché costringa con l'inganno il povero Filottete a seguirli a Troia o, almeno, a cedere il suo prodigioso arco, dono di Eracle, che non sbaglia bersaglio. Filottete è stato, anni prima, abbandonato proprio da Odisseo, per ordine dei suoi comandanti, nella solitaria e disabitata isola di Lemno. Nessuna colpa, solo una piaga al piede, purulenta e irrimarginabile, che appesta il campo dei guerrieri Greci all'assedio di Troia. I lamenti di sofferenza dell'uomo minano il loro morale. Ora, però, Eleno, un indovino troiano catturato dai Greci, ha rivelato che senza la formidabile arma di Filottete mai Troia potrà essere conquistata. Da qui, la spedizione per recuperare il reietto; Neottolemo, fidando sulla nobile discendenza, deve ingraziarselo facendogli balenare la possibilità di un ritorno in patria. La posta in gioco è l'arco e la necessità politica di vincere Troia. Come sostiene Odisseo, "Se punti ad un guadagno, non ti conviene avere scrupoli". Neottolemo conquista la fiducia di Filottete che, scoperto l'inganno, si rifiuta di tornare presso coloro che l'hanno scacciato, nemmeno in nome del bene comune della sua gente. Solo Eracle, deus ex machina, scioglierà la tragedia garantendo al protagonista la guarigione e la distruzione della città nemica. Enrico Testa, mette in mirabile evidenza i nodi di questa strana tragedia, dove l'eroe è un solingo disgraziato con il solo desiderio di rivedere la sua patria, di rinserrarsi nel privato, che ancora oggi sollecitano la nostra sensibilità. La solitudine e il dolore del diverso, segnato da una magagna, messo al bando dai suoi stessi compagni; la ragion di stato, incarnata da Odisseo, che non arretra davanti al falso se utile al successo. Il conflitto, infine, tra Neottolemo e il suo mentore, tra coscienza e potere: "Meglio un'azione giusta che un'azione scaltra".